lunedì 30 maggio 2011

Appunti letterari su "Ellissi Mediterranea"

di Sebastiano Adernò
Partiamo dal contenuto, anche perché il contenitore necessita quanto mai di essere spiegato in altra sede.
Ellissi [el-lìs-si]: Omissione di una o più parole facilmente deducibili dal contesto. Oppure: l'ellisse è il luogo geometrico dei punti del piano per i quali è costante
( = 2a ) la somma delle distanze da due punti fissi detti fuochi. A quale definizione dobbiamo credere? Ad entrambe. Perché c'è una grande ma invisibile corrispondenza. Qual'è il momento in cui l'autore può permettersi di stringere, contrarre? Nel momento in cui ha stabilito una grande complicità con il lettore. E questo può accadere solo se nel momento in cui il testo si contrae, il lettore sa colmare questo passaggio di senso. Ma questo spiega solo l'aspetto retorico. Per investigare quello matematico dobbiamo figurarci un ellissi. Un cerchio schiacciato ai poli. Anche perché il cerchio è considerato un caso particolare di ellisse, dove i due fuochi coincidono e l'eccentricità si annulla. L'ellissi è un abbraccio, un sistema chiuso, che circoscrive un vuoto. E il vuoto di cui parla Zanin è il Mediterraneo. Armando Gnisci, docente dell'Università della Sapienza di Roma scrive: “La parola composta Mediterraneo, designa un mare confinato, forse un mare clausum come dicevano gli antichi, ma sicuramente un mare che ha dei confini terrestri certi e attestati dai suoi abitanti e dai visitatori delle sue coste. [...] Ma il mare Mediterraneo ha una posizione unica nel pianeta, perché collega con i suoi naturali stretti di mare tre continenti tra loro: l’Europa e l’Asia con il primo doppio stretto di Dardanelli e Bosforo, l’Europa e l’Africa, con quello di Gibilterra. Lo stretto artificiale del Canale di Suez– inaugurato nel 1869 – congiunge e separa, infine, l’Asia dall’Africa e il Mediterraneo dall’Oceano Indiano. […] Recentemente, lo studioso del mondo classico Luciano Canfora ci ha ricordato che è stato Giulio Cesare per primo a nominare il Mediterraneo come “Mare Nostrum”, all’inizio del Libro V del De bello gallico. Ma il Mediterraneo dovrà aspettare la vittoria di Cesare Ottaviano Augusto ad Azio, il 2 settembre del 31 a. C. per riconoscersi definitivamente come nostro-romano. È in quel momento che il Mediterraneo diventa un impero unico, occidentale e orientale.”. Ecco il continente Mediterraneo, ed ecco spiegato quel senso di svuotamento, di continente che fu, ed oggi è vuoto. Diverse epoche, diversi luoghi. Il viaggio torce il tempo e lo spazio in una ellissi. Zanin ha l'arditezza di ripercorrerla in sette punti, sette epoche, sette poesie: Confine, Megiddo, Babilonia, Tel Aviv, Costantinopoli, La battaglia di Tin-êsa e Mostar. E leggendole la prima volta si ha un senso di smarrimento. Lo smarrimento di chi deve forzatamente unire due punti con un tratto di matita. E non fidandosi del suo tratto, coprendo con la stessa mano destra il punto d'arrivo, vive l'attimo di questo smarrimento, perde la meta. Ma non può tornare indietro, o smettere. Fermarsi equivalerebbe a creare un altro punto. Stabilirsi in uno punto inutile, inesistente. Come approdare ad uno scoglio. Il viaggio di Zanin parte da un confine. E' questo il titolo della prima opera. Ma voglio azzardare che si parli di un confine che non esiste più. Un confine che era, prima del secondo conflitto mondiale. E che è sparito, stato ritracciato. Prima Italia fascista, poi i barbari di Tito. E da li a Megiddo, città-stato in posizione strategica all'ingresso del passo attraverso la catena del Monte Carmelo.
Il viaggio è in senso orario. Il lettore è avvisato. Vorrei invece porre l'attenzione su un'altra grande finezza dell'artista Zanin. Da “Costantinopoli” a “La battaglia di Tin-êsa” che coinvolse i nomadi del deserto contro le mitragliatrici francesi, quei berberi stanziati prevalentemente nella fascia centrale sahariana a cavallo di cinque nazioni, da sud di Agadez nello stato del Niger e a nord sino a In Salah in Algeria; ad ovest i tuaregh giungono fino a Tombouctou nel Mali e ad est fino al Fezzan libico. Ecco come il punto smette di essere punto, e si trasforma in un insieme di punti uniti dal nomadismo di quella civiltà. La retta diviene tangente della curva di quell'ellissi che ci riporterà a Mostar, poco distante da dove tutto aveva avuto inizio.